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Conversione DTA mediante cessione di crediti deteriorati

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L’articolo 44-bis D.L. 34/2019 prevede la possibilità di tramutare in credito di imposta le attività per imposte anticipate riferibili alle perdite fiscali ed eccedenze di Ace inutilizzate dalle società.

La suddetta trasformazione è subordinata all’avvenuta cessione a titolo oneroso di crediti in sofferenza verso controparti non correlate (più precisamente, società non legate da rapporti di controllo ex articolo 2359 cod. civ. e non soggette a controllo comune).

La disciplina di riferimento è stata introdotta dall’articolo 55 D.L. 18/2020, integrata ad opera dell’articolo 72 D.L. 104/2020 (cd. Decreto Agosto) e, da ultimo, rivisitata dal Decreto Sostegni-bis che ha prorogato la misura di un anno, concedendo alle imprese la possibilità di cedere crediti deteriorati entro il 31 dicembre 2021 (articolo 19, comma 1, D.L. 73/2020).

Affinché la conversione possa avvenire è necessario che, alla data della cessione:

  • le perdite fiscali non siano state ancora computate in diminuzione del reddito imponibile;
  • il rendimento nozionale degli incrementi Ace non sia stato ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta.

Non risulta invece rilevante lo stanziamento della fiscalità differita in bilancio: la norma dispone che la conversione è possibile a prescindere dall’iscrizione delle “DTA” nell’attivo patrimoniale.

Ai fini della trasformazione in credito di imposta:

  • i componenti possono essere considerati fino a concorrenza del 20% del valore nominale dei crediti deteriorati ceduti;
  • i crediti ceduti possono essere considerati per un valore massimo di 2 miliardi di euro (per ciascuno degli anni 2020 e 2021), determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate (rispettivamente, entro il 31 dicembre 2020 e il 31 dicembre 2021) dalle società tra loro legate da rapporti di controllo ex articolo 2359 cod. civ. e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto.

La conversione in credito delle Dta avviene alla data di efficacia giuridica della cessione dei crediti e costituisce un evento irreversibile: da tale momento non sono computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite di cui all’articolo 84 Tuir relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta;  non sono deducibili, né fruibili tramite credito d’imposta, le eccedenze del rendimento nozionale relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta in base alle stesse disposizioni.

Il credito è suscettibile di utilizzo in compensazione senza limiti, può essere ceduto a terzi oppure può essere chiesto a rimborso.

All’interno di alcuni documenti di prassi, l’Amministrazione Finanziaria ha avuto occasione di chiarire alcuni aspetti peculiari del regimeIn primisl’ambito soggettivo di applicazione.

A tal proposito, nella risposta all’istanza di interpello n. 96/2021l’Agenzia ha identificato quali destinatari dell’agevolazione non soltanto le società, ma anche quei soggetti equiparati, ai fini fiscali, alle società di capitali (articolo 81 Tuir), nonostante la norma sopra descritta menzioni espressamente le società.

Su questa falsariga, è stato confermato che l’agevolazione compete anche ai soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lett.b), Tuir (enti pubblici e privati diversi dalle società, nonché i trust, residenti nel territorio dello Stato, che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali).

Un altro importante chiarimento si evince dalla risposta all’istanza di interpello n. 193/2021, nella quale è stato meglio delineato l’alveo delle perdite “convertibili”.

Le attività fiscali possono formare oggetto di conversione se le perdite fiscali da cui derivano sono maturaterestano perciò escluse le perdite in corso di formazione, ovvero quelle non consuntivate in dichiarazione (analoga regola può verosimilmente applicarsi anche alle eccedenze di Ace in fieri).

Un ulteriore elemento degno di nota si evince nella risoluzione AdE 44/E/2021.

Nel documento citato si chiariscono i risvolti operativi connessi all’individuazione dei crediti inesigibili oggetto di smobilizzo. Il legislatore, infatti, al comma 5 dell’articolo 44-bis, si limita a definire il presupposto al verificarsi del quale il debitore si presume inadempiente (mancato pagamento che si protrae per oltre novanta giorni dalla data in cui era dovuto) senza tuttavia specificare rispetto a quale credito o crediti questi debba risultare insolvente.

Secondo l’Amministrazione finanziaria, l’inadempimento deve intendersi riferito al singolo rapporto creditorio e, dunque, “alla posizione del debitore limitatamente a quel singolo rapporto creditorio, così escludendo che un unico credito non adempiuto nei 90 giorni dalla sua scadenza renda tout court inadempiente il debitore in relazione alla generalità dei suoi rapporti nei confronti sia di quel medesimo creditore sia degli altri creditori”.

Altro importante chiarimento presente nel documento di prassi attiene alle modalità di determinazione del canone dovuto a seguito dell’opzione, con particolare riguardo alla base di commisurazione del 1,5 %, ottenuta per differenza tra l’ammontare delle attività per imposte anticipate trasformate e le imposte sul reddito versate così come risultanti alla data di chiusura dell’esercizio precedente (circolare 32/E/2016).

Ai fini della determinazione della suddetta base di calcolo del canone, si ritiene che nel primo aggregato non debbano essere considerate le imposte anticipate calcolate sulle svalutazioni non dedotte ex articolo 106, comma 1, Tuir, in quanto non rientranti tra quelle “qualificate” ai sensi dell’articolo 2, commi da 55 a 57, D.L. 225/2010.

Infine, ulteriori considerazioni sono state fatte in riferimento alla tempestività dell’opzione da esercitarsi entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti (articolo 34-bis, comma 3).

L’Amministrazione, pur rimarcando che l’adempimento è condizionante ai fini del perfezionamento della conversione, ha dichiarato tollerabili i ritardi (in buona fede) che non abbiano prodotto danni per l’Erario, nemmeno in termini di pregiudizio all’attività di accertamento, affermando così che il contribuente può esercitare l’opzione prevista anche in un momento successivo al termine previsto – purché entro il termine di presentazione della prima dichiarazione dei redditi utile – mediante l’inoltro della comunicazione alla pec della Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente, ed il versamento della sanzione in misura fissa pari a 250 euro.

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