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Grieco (assonime e mps): «sul PNRR è vietato fallire. sosteniamo le imprese»

Un’economia che continua a correre nel terzo trimestre, a dispetto di inflazione, rialzo dei tassi, rottura delle filiere e conflitto in Ucraina. «L’Italia è resiliente ma ci sono sfide grandi che ci aspettano. Il traino nei mesi scorsi è venuto soprattutto dal turismo, voce fortissima nell’economia nazionale. Ma il cuore del nostro Paese è la manifattura che vede un rallentamento degli ordinativi sul prossimo anno. I dati saranno meno buoni anche se non ci sarà recessione. Le nostre imprese mostrano una grande resilienza ed è per questo motivo che occorre supportarle. Il banco di prova del nuovo governo sarà nel 2023 quando il nuovo governo dovrà attuare il Pnrr. È la prima volta che abbiamo condiviso il debito con l’Europa. Se l’Italia dovesse fallire su questo progetto — di cui il nostro Paese è stato il più grande attivatore — distruggerebbe l’intera idea di debito pubblico comune».

L’associazione di 500 società

Patrizia Grieco, parla da presidente di Assonime, l’Associazione fra le società italiane per azioni che guida da poco più di un anno, «una cerniera tra il mondo delle imprese e quello istituzionale, a livello italiano ed europeo. È al servizio delle imprese ma può contribuire a fare evolvere anche le istituzioni affinché le aziende possano esprimere il meglio di se stesse». È stata presidente dell’Enel e ha lo stesso incarico anche al vertice del Monte dei Paschi di Siena che ha contribuito a traghettare verso il risanamento dopo la chiusura dell’aumento da 2,5 miliardi: «È la conclusione di una fase molto complessa e spero che possa portare la Banca ad un percorso di normalità».

Stefano Firpo guida Assonime come direttore generale

Conosce bene le imprese e le regole che devono seguire: è stata presidente del Comitato italiano per la corporate governance dal 2017 al 2021. E durante il suo mandato è stato approvato il nuovo codice di autodisciplina per le società quotate italiane. Oggi assisterà al passaggio del testimone da Stefano Micossi, 75 anni, a Stefano Firpo, 49, che guiderà Assonime come direttore generale. Firpo è stato capo di gabinetto di Vittorio Colao, l’ex ministro del governo di Mario Draghi per l’Innovazione tecnologica e la Transizione digitale. In questo ruolo ha disegnato e seguito l’attuazione dei progetti di digitalizzazione della Pa inseriti nel Pnrr. È stato anche direttore generale di Mediocredito Italiano, a supporto del credito alle piccole e medie imprese. «Ha il profilo del policy maker in tutte le declinazioni», aggiunge la presidente.

Si apre una nuova fase, anche per Assonime. Che cosa chiedete al nuovo governo?

«Abbiamo scelto una persona che ha tante competenze nel digitale, una delle sfide per le imprese. Quindi è un profilo che sarà strategico per noi. Ma il suo arrivo rappresenta anche un passaggio generazionale nell’associazione. Micossi è arrivato in Assonime all’età di Firpo. Insieme a lui c’erano tanti candidati forti, è stata una bella competizione. Il tempo per attivare il confronto con il governo arriverà quando la macchina si sarà messa in moto. Il ruolo di Assonime sarà di continuare a tenere conto degli interessi dei suoi associati, cercando di influire sui suoi interlocutori istituzionali, a confrontarsi in modo corretto tra i due mondi, efficace e diretto ad esprimere le necessità ma anche le potenzialità. Le nostre imprese mostrano una grande resilienza. È per questo motivo che occorre sostenerle».

Quali sono i temi più urgenti?

«Senza dubbio il Pnrr è fondamentale per la nostra crescita. Ma dobbiamo ricordarci che è basato su un piano di riforme e che ha due assi portanti, due transizioni: quella ecologica e quella digitale, in parte dettate dall’Europa, e che avranno poi una serie di articolazioni nazionali nell’attuazione. Poi c’è la fiscalità, un tema sul quale Assonime è da sempre molto impegnata e le sue competenze sono tali che hanno consentito all’associazione di sedere ai tavoli che hanno elaborato le leggi del nostro Paese. Può avere un ruolo importante in un momento in cui si ricomincia per esempio a parlare di una flat tax che solleva alcune perplessità. Ma il tema è ben più ampio perché tocca temi come gli incentivi all’industria 4.0, o ancora quello del cuneo fiscale che dovrebbe fare un ulteriore passo verso la diminuzione».

Quest’anno le aziende italiane hanno mostrato una certa disaffezione nei confronti di Piazza Affari che ha registrato un ampio numero di delisting…

«L’accesso al mercato dei capitali in Italia presenta ancora punti di fragilità. C’è il tema, per esempio, di riportare il risparmio delle famiglie verso quel mercato e in generale verso il sistema produttivo del Paese. È anche per questo che l’esecuzione del Pnrr è fondamentale, perché porta a realizzare investimenti in opere indispensabili ma obbliga anche a fare le riforme, inclusa quella della giustizia. Così possiamo essere più competitivi».

In che modo?

«Prendiamo l’Olanda, Paese europeo che ha le nostre regole ma le attua in modo più “amichevole”. Per questo si è assistito a una delocalizzazione delle quotazioni o semplicemente della sede legale. Non è un tema fiscale ma di flessibilità delle regole. Come nel caso del voto multiplo che esiste anche in Italia ma in Olanda è in forma più potenziata. Ed è solo un esempio. Tutto questo crea competizione tra Paesi. Che invece dovrebbero essere uniti. Ho sempre creduto in un mercato unico europeo dei capitali, ma almeno per ora non siamo riusciti a realizzarlo».

La sfida che più le sta a cuore?

«I pilastri su cui si regge l’attuazione del Piano di ripresa e resilienza sono la transizione ecologica e digitale. Ma per le imprese non sono automatici e questa sarà la loro ma anche la nostra sfida più importante. Ed è direttamente collegata anche al mondo del credito. Il sistema finanziario dovrà infatti tener conto del rischio ambientale nell’erogazione dei crediti. Il cambiamento climatico è un fatto. E le aziende che non si adeguano nell’affrontare questo rischio si troveranno ad avere difficoltà nei finanziamenti, che peraltro ora si profilano anche più costosi dopo i rialzi dei tassi».

(Fonte: Corriere Economia)

 

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