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Il denaro costerà di più: rischio di effetto a cascata. Cosa succede ora

Il 21 luglio la Banca centrale europea (Bce) ha alzato i tassi di interesse di 50 punti base, questo significa che il denaro costerà lo 0,50% in più. Una politica monetaria che va compresa prima di esaminarne le conseguenze, perché ha ricadute sulla vita di tutti gli attori economici, Stato incluso.

Perché la Bce ha alzato i tassi

La Bce vuole calmierare l’inflazione, concetto che viene spesso espresso con le parole “mantenere la stabilità dei prezzi”, con l’obiettivo di contenerla in prossimità del 2%. Questo in un momento in cui supera l’8%, quindi un’intenzione radicale che richiede misure altrettanto rigide.

L’inflazione ha un peso sull’economia reale, perché fa valere meno il denaro. Occorre quindi manovrarne il costo, affinché ne circoli meno e questo – pure riguardando le tasche delle persone – ha a che fare in primis con la macroeconomia, perché si traduce in una minore domanda sui mercati e di conseguenza il rischio di frenare la crescita economica. La Bce usa gli strumenti che l’economia mette a disposizione per tentare di regolare i rapporti tra domanda e offerta quando scombussolano il quadro economico: se il denaro costa di più le aziende investono meno e le persone consumano meno.

Le conseguenze per le persone

Le più misurabili riguardano i rapporti creditizi dei cittadini. Mutui, crediti e leasing costeranno di più a causa di un meccanismo a cascata: gli istituti di credito pagheranno di più i prestiti che chiedono alla Bce e quindi ribalteranno questo maggiore costo sulle spalle dei clienti finali.

Questo vale tanto per i mutui a tasso variabile quanto per quelli a tasso fisso, anche se dipendono da due parametri diversi (Euribor per i primi, Eurirs per quelli a tasso fisso) sono entrambi collegati ai tassi direttori, quelli che la Bce ha ritoccato verso l’alto.

L’Euribor ha cominciato a salire in vista dell’ormai imminente aumento del costo del denaro passando da -0,176% a +0,125% tra inizio mese e il 15 luglio e altri aumenti sono ovviamente attesi. L’Eurirs è al 2,12% contro il 2% di giugno.

Per quanto riguarda i crediti ci si attende un aumento del Taeg, indice che include le spese del prestito e che si estende anche agli acquisti a rate o in leasing e che varia a seconda dello scopo per cui gli istituti erogano prestiti.

Le obbligazioni (e lo spread)

Anche le aziende che si rivolgono al mercato finanziario per ottenere denaro dovranno tenere conto del maggiore costo offrendo interessi più alti per attrarre gli investitori.

Chi crede che lo spread sia una questione astratta ed elevata che riguarda soltanto lo Stato, dovrebbe tenere a mente di essere lo Stato. Le politiche monetarie rialziste decise dalla Bce faranno salire le remunerazioni che lo Stato garantirà sui bond di prossima emissione. Si tratta di denaro per mantenere il debito pubblico che dovrà essere incamerato o attraverso imposte e tasse oppure diminuendo la spesa, andando così a tagliare servizi in favore dei cittadini. Lo scudo anti-spread voluto dalla Bce rivelerà la sua efficacia ma è già chiaro che non sarà utilizzato per smorzare i fumi delle impennate improvvise. Lo dimostra il fatto che, proprio ieri, mentre la presidente della Bce Christine Lagarde ha annunciato lo scudo, lo spread ha ricominciato a salire. Sarà la Bce a farne uso nel modo che riterrà opportuno.

 

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