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«Il PNRR? Piano di politica industriale il 50% delle competenze cambierà»

Stanno succedendo molte cose, simultaneamente. L’accelerazione digitale, che la pandemia ha reso ancor più necessaria. La spinta verso la sostenibilità, che però ha bisogno di maggiore pragmatismo. La trasformazione delle imprese, la ricerca di competenze sempre più ibride. Immersi in un cambiamento che va dall’intelligenza artificiale al metaverso. «È un momento di ampia trasformazione per interi settori industriali, l’emergenza economico-sanitaria ha evidenziato la possibilità di ripensare processi in grado di trasformare il Paese», spiega Mauro Macchi, amministratore delegato di Accenture Italia.

Per il gruppo, fortemente radicato in Italia da oltre 60 anni, il nostro rappresenta il quarto Paese al mondo per ricavi, con una significativa presenza del management nostrano nel board globale, oltre 19 mila persone e una fitta rete di centri di innovazione specializzati da Nord a Sud. Sono ancora molti i ritardi da colmare ma l’occasione del Piano Nazionale di Ripresa e resilienza resta unica, al di là dei soliti benaltristi. «Rappresenta il vero programma di politica industriale del Paese, se gestito bene può colmare i gap rispetto a economie più avanzate attuando quella modernizzazione e quelle riforme necessarie per recuperare competitività internazionale. Pensiamo che in questa partita Accenture possa essere un attore ecosistemico per rafforzare il potenziale di crescita del Paese facendo leva sulla combinazione tra ingegno umano e tecnologia per accelerare il cambiamento. Con valori in parte nuovi: condivisione, collaborazione e innovazione continua», aggiunge. Maturità digitale, dimensione delle imprese, infrastrutture, competenze ibride. «Sono stati fatti passi avanti, ma è necessario accelerare sulla semplificazione e sull’orientamento al risultato. In Italia c’è molta più consapevolezza dell’importanza del NextGenerationEU rispetto ad altri Paesi, dell’opportunità straordinaria che abbiamo davanti. Serve un nuovo livello di collaborazione pubblico-privato che non è mai stato sperimentato». Anche la guerra in Ucraina modificherà ulteriormente lo scenario, come l’idea che Cina e India possano restare le uniche «fabbriche» del mondo.

Ci sono almeno quattro motori di questo cambiamento possibile. «Partirei dal business responsabile, è necessario un rapido passaggio da utopia a sostenibilità e pragmatismo nel modo di creare valore e abbracciare il cambiamento verso tutti i portatori di interesse del sistema. La sostenibilità sarà il nuovo digitale, essenza stessa di un’azienda che guarda al futuro. Vuol dire abbracciare il modello del capitalismo degli stakeholder, nessun business può avere successo a scapito della società e dell’ambiente». Un equilibrio tra profitto e valori, dunque. Con un dato: «Le aziende che hanno interpretato questo modello hanno registrato performance di business tre volte superiori alla media di mercato». Attenzione al talento, ai clienti, alle persone. Serviranno anche nuovi stili di leadership, maggiore capacità di ascolto, empatia. Valutazione dell’impatto sulle comunità».

Però il salto culturale sarà la misurabilità: «Misurare e migliorare. Abbiamo creato la 360 value reporting experience, una piattaforma digitale che tiene conto, in un unico ambiente, dei dati finanziari e degli indicatori di impatto ambientale, sociale e di governance». Un secondo tema è quello delle competenze ibride del capitale umano, articolato su diversi livelli. «Il primo riguarda l’ibridazione tra competenze soft (umanistiche) e hard (stem, tecnico scientifiche). In secondo luogo, il progredire della tecnologia, diventata sempre più un bene di uso comune, porta in primo piano l’importanza della specializzazione del contesto lavorativo. Tutti noi dovremo cambiare circa il 50% delle nostre competenze, pensiero razionale e creativo vengono riconfigurati continuamente andando a delineare una forza lavoro agile e sempre più “future-ready”, in grado di cogliere valore dal cambiamento. Con le nostre Academy abbiamo formato circa 5 mila persone alle nuove professioni», aggiunge Macchi. Anche i sistemi formativi devono cambiare. Dalle Academy al concetto di supporto istantaneo alla performance, un apprendimento istantaneo nel momento del bisogno dove l’intelligenza artificiale può essere un alleato decisivo, aggiunge. Insieme alla formazione continua.

«Il Pnrr rappresenta un volano incredibile per i nuovi mestieri. In questo senso può rappresentare il più grande investimento sul capitale umano, basti pensare a nuove professioni come gli ingegneri ambientali o gli sviluppatori dei wearables device». Il Paese sta scegliendo chi dovrà gestire il cloud nazionale: prima della pandemia si immaginavano tempi di implementazione di 8-10 anni, adesso siamo a 3-4 anni. «E le imprese che sono sul cloud si sono dimostrate più resilienti ed efficienti e hanno ridotto sensibilmente i loro costi. Non è più importante la singola tecnologia, ma la capacità combinatoria per liberare risorse da investire nella valorizzazione delle eccellenze».

Un altro filone di cambiamento è quello delle meta-tecnologie. «Nell’era post digitale anche internet si trova al centro del cambiamento dando vita a un’esperienza condivisa tra reale e virtuale. «Accenture vede il metaverso come un continuum tra tecnologie, realtà, esperienze e modelli di business che si applica a tutti gli aspetti dell’organizzazione e al rapporto con il consumatore. Siamo passati dall’internet dei dati negli anni ‘90, all’internet dei posti e della proprietà».

Innovazioni tecnologiche, nuovi linguaggi ma anche nuovi modi di stare sul mercato. «Essere parte di un ecosistema non è più un’opzione, ma una scelta obbligata. Anche per questo sarà decisiva la collaborazione a rete. Noi oggi realizziamo progetti assieme a player che prima erano puri concorrenti. Si tratta di trovare il meglio in ciascuno, in maniera strutturata e non improvvisata. Mettere a fattor comune asset, risorse e tecnologie per diffondere innovazione applicata e generare valore sostenibile e misurabile», spiega Macchi. «La forza del cambiamento è tale che le singole aziende, da sole, non possono farcela. E anche in questa direzione è necessaria una nuova modalità di relazione tra pubblico e privato i cui fattori distintivi devono essere velocità, interoperabilità e competenze».

(Fonte: Corriere Economia)

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