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Industria 4.0, la grande assente nella manovra: che cosa può fare il governo (anche con il PNRR)

La politica industriale del 4.0 torna sotto la luce dei riflettori. Il motivo contingente riguarda le scelte fatte dal governo Meloni in materia di manovra finanziaria dove, un po’ per i tempi stretti di preparazione dei testi, un po’per l’obiettiva ristrettezza delle risorse da spendere la politica industriale è rimasta poco considerata.

Da qui una fitta rete di contatti e l’idea di affrontare alcune di queste partite legate alle agevolazioni fiscali per favorire gli investimenti con dei tavoli ministeriali convocati ad hoc, già forse nella prima decade di dicembre. Negli stessi giorni in cui si registravano i mugugni confindustriali di cui sopra, il 4.0 tornava all’onore delle cronache per un altro episodio di natura più squisitamente politica. Con una procedura inedita in Italia, la premier Giorgia Meloni ha ricevuto uno dei leader delle opposizioni parlamentari, Carlo Calenda, proprio in merito a possibili miglioramenti del testo della manovra. Ebbene come tutti sanno Calenda è stato il ministro del governo Renzi che diede il via all’esperienza di Industria 4.0 fino a farne quasi un brand del suo successivo ingresso in politica. Ed era pressoché scontato che il leader di Azione nei suoi colloqui con Meloni e i ministri competenti tirasse fuori i temi del finanziamento dell’innovazione e quindi del 4.0.

Bilancio e prospettive

Ce n’è abbastanza perché almeno in chiave giornalistica ci si guardi indietro tentando di operare un bilancio di quella esperienza e nello stesso tempo si volga l’attenzione in avanti su cosa sta capitando di nuovo nella competizione tra macroaree economiche in materia di attrazione degli investimenti. «C’è da ragionare su cosa si è fatto, sui successi e sui limiti dell’esperienza 4.0 ma subito dopo ci sono da tener dritte le antenne perché in questa fase di de-globalizzazione, di accorciamento delle catene di produzione, possono determinarsi riaggiustamenti che in qualche maniera trovano impreparata l’Europa e tanto più il nostro Paese» commenta Stefano Firpo, oggi direttore generale di Assonime e primo estensore del Piano 4.0. Quella varata con Calenda è stata sicuramente un’esperienza di politica industriale — di matrice tedesca — che ha funzionato perché è riuscita a concentrare sull’obiettivo risorse significative e ha utilizzato il tradizionale canale di ammodernamento tecnologico degli imprenditori italiani (il rinnovo del parco macchine). Del resto prima che al Mise si mettessero all’opera erano circolate ad opera dell’Ucimu studi sull’oggettiva obsolescenza del parco macchine installato (circa 12-13 anni di anzianità).

 

 

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