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Recovery fund, Italia «beneficiaria netta» degli aiuti a fondo perduto

Il negoziato avrà il primo momento di confronto il 19 giugno

 

Aspettavamo tutti con ansia da giorni l’esito sul Recovery Fund, non solo per le cifre stanziate ma anche per le “regole” di accesso e nel pomeriggio di ieri, finalmente, sono stati resi noti entrambi i dati: 750 miliardi, di cui 500 miliardi in trasferimenti a fondo perduto e 250 in prestiti serviranno alla ripresa post-coronavirus e a trasformare l’economia europea in linea con le priorità individuate da Bruxelles: green, digitale, inclusione sociale.

Il Vice-Presidente della Commissione Valdis Dombrovskis ha chiarito che i fondi «arriveranno in tranche legate agli obiettivi di riforma», come previsti dai Paesi nel loro Piano nazionale, che indicherà la destinazione dei fondi fino al 2024 e fisserà gli obiettivi da raggiungere. Se gli Stati membri non rispettano le priorità stabilite dall’Ue e «non implementano gli obiettivi, perdono i soldi di una rata». Gentiloni ha spiegato che gli Stati che chiederanno il sostegno del recovery fund «dovranno presentare il Piano nazionale di investimenti ad aprile ma possono anche presentarlo a ottobre con la bozza del programma di stabilità per poter valutare il tutto rapidamente». Il Piano nazionale sarà valutato da un comitato di esponenti degli Stati membri, ma l’ultima parola spetta alla Commissione. Quanto all’ipotesi che l’Italia usi i soldi del Recovery plan per tagliare le tasse, Gentiloni ha risposto che «spetta a ciascun Paese stabilire le priorità, e alla Commissione verificare che siano coerenti» con le priorità e le Raccomandazioni Ue.

Se il negoziato, che avrà il primo momento di confronto nel Consiglio europeo del 19 giugno, non porterà a una riduzione delle cifre, all’Italia saranno destinati 172,7 miliardi di euro, di cui 81,8 miliardi come aiuti a fondo perduto e 90,9 miliardi in prestiti. Con il Recovery Plan l’Italia diventa un beneficiario netto a differenza di Germania, Francia oppure Olanda. Secondo le prime stime calcolate, nell’ipotesi più pessimista in cui non ci sia un aumento delle risorse proprie Ue da qui al momento in cui si inizia a ripagare (cioè dal 2028), l’Italia dovrà versare 54,7 miliardi in base alla propria quota nel bilancio Ue, che è pari al 13%. Questo significa un trasferimento netto di circa 32 miliardi, ovvero il 2% del Pil, calcolando 87 miliardi di grants.

Fonte: Corriere Economia

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