La Bce e il taglio dei tassi: la tela di Lagarde per difendere euro, prezzi e l’Italia
Da presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde non è partita bene nel suo rapporto con l’Italia. A inizio marzo 2020, con il Paese travolto dalla pandemia, fece crollare i titoli di Stato di Roma e i mercati in tutta Europa dicendo semplicemente: «Non siamo qui per chiudere gli spread». Persino il presidente Sergio Mattarella protestò. Da allora criticare Lagarde in Italia è diventato un hobby della politica, uno di quegli sport della domenica nei quali è impossibile perdere di fronte alla giuria dell’opinione pubblica. Così a ogni ritocco dei tassi della Bce è seguito un coro di lamenti, soprattutto dei ministri dell’attuale governo, persino quando un anno e mezzo fa l’inflazione in Italia sfiorava il 12%.
Sono passati inosservati invece certi dettagli che la svolta di politica monetaria di ieri potrebbe anche ricordare. Non tanto che dall’inizio della pandemia la Bce ha comprato 300 miliardi di debito pubblico italiano, senza i quali il Paese sarebbe saltato. Quella è stata la parte politicamente facile, un sostegno senza limiti e a tassi a zero. Più difficile è quel che è venuto dopo, fino a ieri: una serie di dieci aumenti dei tassi (più 4,5%) e il ritiro di 2.400 miliardi di euro di liquidità del bilancio della banca centrale in meno di due anni, senza che l’Italia abbia attraversato un solo momento di vero tremore mentre il debito saliva di altri 150 miliardi. Dal maggio dell’anno scorso la Bce ha lasciato scadere, senza ricomprare, titoli di Roma per quasi 50 miliardi; eppure lo scarto di rendimento con Berlino, invece di esplodere, è sceso.
Possibile? Tanta calma non si spiega solo con la prudenza delle politiche di bilancio, non in un Paese che da quattro anni inanella solo abnormi deficit a livelli da tarda prima repubblica e ha venti miliardi di tagli delle tasse in deficit a scadenza rinnovabile. Più probabile che abbiano contato, dimenticate in Italia, due scelte della Bce di Lagarde. La prima è arrivata all’inizio della stretta monetaria, proprio per renderla possibile: è bastato annunciare il «Transmission protection mechanism» (Tpi), acquisti di titoli dei Paesi in difficoltà, per rassicurare in anticipo i mercati senza spendere un solo euro. La seconda mossa riguarda la scelta di comprare titoli italiani nel programma di interventi varati in pandemia, anche quando la Bce riduceva le posizioni su altri Paesi: scadono Bund tedeschi e con la liquidità che ne risulta la banca centrale compra altro debito di Roma.
Così Lagarde e i suoi colleghi hanno costruito attorno all’Italia una duplice rete di sicurezza, per poter strangolare l’inflazione nell’area senza perdere per strada il Paese più fragile. In pochi a Roma se ne sono resi conto. In meno ancora capiscono che la protezione del Tpi ora resterà disponibile solo se il governo seguirà le indicazioni di Bruxelles sulla finanza pubblica. Dai palazzi della politica non tarderanno invece le proteste di chi chiederà più tagli dei tassi, più in fretta. Di certo la cura messa ieri da Lagarde nel non impegnarsi in niente può risultare spiazzante. La presidente francese si è persino rifiutata di ammettere che con il primo taglio inizia un ciclo di riduzione del costo del denaro, insistendo che tutto dipenderà dai dati in arrivo perché si decide «riunione per riunione». Osserva il capoeconomista di Axa, ex Banca di Francia, Gilles Moec: la Bce «trasmette un senso di disagio riguardo alle sue stesse scelte, ci dice che può essere certa che la sua attuale posizione sia appropriata».
Forse però nell’ambiguità di Lagarde sui tagli a venire c’è, di nuovo, più raffinatezza di quanto appaia ai detrattori. Il problema non è solo che l’inflazione nei servizi in area euro si sta rifiutando di scendere, con il tasso annualizzato che nell’ultimo mese viaggia in risalita al 6,5%. Nessuno capisce davvero le dinamiche dei prezzi di questi anni. Ma soprattutto c’è il rischio che ora l’euro perda quota sul dollaro rendendo più caro l’import di molte materie prime, perché intanto l’inflazione americana non cala, la Federal Reserve tiene tassi più alti della Bce e non li tocca. Così la vaghezza di Lagarde ieri sui tagli futuri serve a proteggere il tasso di cambio dell’euro. Resta probabilissimo che nella Bce si pensi a un nuovo taglio in settembre. Ieri l’euro all’annuncio del taglio ha sbandato per mezz’ora. Ma, a fine giornata, praticamente non si è mosso.
(Fonte: Corriere della Sera)
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